lunedì 22 agosto 2011

MODELLI DI CONSUMO DEL CIBO


Buongiorno! Dopo la pausa estiva torniamo a parlare del lagame tra cibo e società. Nel precedente post, avevo messo in evidenza quanto sia importante nella progettazione di ristoranti, bar, gelaterie ecc. l'analisi culturale, sociologica, antropologica, l'analisi pluridisciplinare per dirla con un solo termine. Adesso voglio entrare nel merito con una serie di approfondimenti sulle tematiche legate al cibo e ai suoi modelli di consumo, attraverso degli esempi che abbiamo tutti sott'occhio.

“Che cosa è il disegno di una sedia senza “il disegno della sedia”? Una sedia nasce da una sedia, da una sedia, da una sedia….. dal lento sedimentarsi e definirsi nel tempo di infinite esperienze abitative e costruttive, e prima ancora dalla scelta culturale di sedersi sollevati dal suolo piuttosto che sui talloni. Cosa è il disegno di una forchetta senza “il disegno della forchetta”? O meglio ancora, senza la scelta culturale di tagliare e inforcare il cibo a tavola per portarlo alla bocca, piuttosto che usare le mani o due bastoncini e più in generale senza il disegno della tavola apparecchiata e la codificazione della maniera o delle maniere di stare a tavola? D'altronde nessun progettista ha inventato la tavola apparecchiata, nessuno ha inventato la sedia, come nessun architetto ha inventato la casa o l’ufficio” (Mario Bellini).

Ogni cultura ha sviluppato una propria modalità di consumo, in base alla propria storia, all'area geografica di appartenenza e quindi al clima, al tipo di cibo presente in quell'area, attraverso l'uso di strumenti, oggetti e arredi la cui esistenza è assicurata da un progetto d'uso. Nei paesi industrializzati, si può dire che ci sia un certo grado di standardizzazione riguardo ciò, anche in seguito alla possibilità di reperire facilmente qualsiasi cibo, ma forti differenze esistono ancora tra mondo occidentale ed orientale.

Il consumo del cibo sia pubblico che privato, nella cultura orientale, ha una forte connotazione rituale e simbolica, molto diversa da quella occidentale, e che si ritrova sia in ambito privato (basti pensare ad esempio al complesso cerimoniale del thè) che in quello pubblico. Gli ambienti dei ristoranti ad esempio, risultano significativamente diversi da quelli occidentali, sia per la distribuzione spaziale che per gli oggetti che vi si trovano. Così in un ristorante tradizionale giapponese ci sarà un’area per il deposito della calzature, un’area per gli spettacoli e non mancherà il giardino interno. Delle stuoie (i tatami) saranno posizionate all’interno della sala da pranzo secondo uno schema geometrico preciso e i tavoli, alti non più di 40 cm, saranno apparecchiati con una serie di strumenti altamente specializzati come bacchette, piccole zuppiere, ciotole. Il ristorante occidentale vedrà nella grande sala ritmata dalla presenza dei tavoli apparecchiati, il luogo della manifestazione sociale. I locali di servizio e la cucina saranno ben separati da essa affinché gli odori non arrivino ai commensali, mentre l’ingresso prevederà un bar e un guardaroba. Tralasciando le differenze culturali tra oriente e occidente, già da questo esempio, si evince lo stretto rapporto tra cultura e progetto, argomento affatto nuovo nel campo dell’architettura come in tutti quelli dell’arte, ma che qui diventa altamente condizionante.
Inoltre non è sufficiente capire la funzione di un oggetto per usarlo correttamente. Questo perché la tavola apparecchiata consta di un sistema di relazioni che lega i coperti alla forma e alla dimensione del tavolo, la composizione di ogni coperto e il tipo e la sequenza di portate, la ricchezza dei materiali al livello sociale dell’uomo, gli oggetti al loro uso “appropriato”, secondo il codice delle buone maniere.

Nei ristoranti questo aspetto si amplifica ancor più. In essi ritroviamo il progetto di oggetti, arredi, spazi, che concorrono a definire un vero e proprio rito, classificabile secondo dei segni e delle relazioni precise. Nel progetto intervengono quindi relazioni che coinvolgono gli elementi dell’ambiente costruito, siano esse estetiche, materiali, comportamentali, sociali. Tutti abbiamo visto “Pretty Woman” e ricorderemo la scena in cui Julia Roberts (nei panni della protagonista, una prostituta) non riesce ad usare in modo giusto gli strumenti della tavola perfettamente apparecchiata di un ristorante di lusso, e le schizza via una lumaca nel bel mezzo di un pranzo d'affari!
Questo film mi da lo spunto per un'ultima riflessione: il consumo di cibo in pubblico, ha una forte connotazione di riconoscimento sociale; alla necessità di alimentarsi si sovrappone spesso il piacere di mostrarsi, nel caso di ristoranti di lusso, ribadendo l' appartenenza ad un certo gruppo sociale.

Nel rapporto tra il cibo e il suo consumo, la funzione simbolica del primo si moltiplica e si rafforza attraverso i rituali collettivi di consumo. Questi, attraverso la loro ripetitività e il loro impatto sul senso di appartenenza, fondono in un’unica rappresentazione il cibo ed i comportamenti ad esso legati in un potente legame di autoriconoscimento e di fusione sociale.