domenica 18 settembre 2011

I LUOGHI DEL CIBO



Eccomi qui! Finalmente un po' di tempo per continuare a parlare dei luoghi e degli spazi per il consumo del cibo! E' orami abitudine di tutti mangiare più o meno spesso fuori casa. Dalla colazione al bar alla cena in trattoria, chiunque ormai può permettersi di staccare dalla quotidianità vivendo un'esperienza che va al di à del solo nutrimento.
Nella nostra cultura infatti pranzi, cene, aperitivi, colazioni, scandiscono la giornata ed hanno un peso sociale specifico; inoltre comunicano, soprattutto nella loro forma collettiva, le relazioni sociali, il grado di importanza e peso nella comunità, delle persone che condividono questa esperienza. Gli aspetti legati alle relazioni sociali si possono racchiudere in due sfere distinte: formalità e informalità. Solitamente il consumo privato del cibo, cioè entro le mura domestiche, è informale ed emozionale. Quando però serve per rafforzare dei legami di parentela o delle relazioni sociali può diventare molto formale. Allo stesso modo, il consumo di cibo in pubblico, può essere informale, nel caso di parenti e amici, e in questo caso si può svolgere all'interno di ristoranti, bar, pizzerie, o formale nel caso ad esempio di cene di lavoro, con consumo prevalente nei ristoranti. Il consumo del cibo in luoghi pubblici non è comunque una consuetudine recente ma affonda le proprie radici in epoche e tempi molto lontani. Mi sono chiesta allora: quando si è sviluppata la consuetudine di recarsi al bar o al ristorante? Quando nascono le prime trattorie, gelaterie, le pizzerie come oggi le conosciamo? Ho raccolto qualche dato e qualche curiosità che penso possa interessarvi. Nei prossimi post pubblicherò voce per voce la nascita di questi luoghi ricchi di significati!

venerdì 16 settembre 2011

NON CE LA FACCIO!


Buongiorno! Vi è mai capitato di perdere dei dati sul PC ? E per colpa vostra per giunta?? A me qualche volta....e l'ho sempre presa con filosofia, riuscendo talvolta a recuperarli, eseguendo invece tutto il lavoro daccapo, in altre. Ma oggi, oggi non ce la faccio!! Il problema è che quando si sta lavorando su PC, non dovrebbero gironzolarti intorno piccole pesti di 3 anni che dilatano le proprie braccine come polpi: non sai da dove, ma sai che prima o poi arriveranno! E faranno danno! Comunque, grazie alla mia dolcissima peste, ho perso alcune modifiche ad un progetto in CAD, e 6 pagine che avrei pubblicato questa mattina sul blog. Si trattava (ormai parlo al passato poiché non c'è modo di recuperarle) di una breve storia sulla nascita di bar, ristoranti, gelaterie ecc. Poiché però mi sembra un argomento molto attinente con i temi esposti in precedenza, mi metterò al lavoro per riscrivere la mia ricerca. Ma non oggi!
Buona giornata.

lunedì 22 agosto 2011

MODELLI DI CONSUMO DEL CIBO


Buongiorno! Dopo la pausa estiva torniamo a parlare del lagame tra cibo e società. Nel precedente post, avevo messo in evidenza quanto sia importante nella progettazione di ristoranti, bar, gelaterie ecc. l'analisi culturale, sociologica, antropologica, l'analisi pluridisciplinare per dirla con un solo termine. Adesso voglio entrare nel merito con una serie di approfondimenti sulle tematiche legate al cibo e ai suoi modelli di consumo, attraverso degli esempi che abbiamo tutti sott'occhio.

“Che cosa è il disegno di una sedia senza “il disegno della sedia”? Una sedia nasce da una sedia, da una sedia, da una sedia….. dal lento sedimentarsi e definirsi nel tempo di infinite esperienze abitative e costruttive, e prima ancora dalla scelta culturale di sedersi sollevati dal suolo piuttosto che sui talloni. Cosa è il disegno di una forchetta senza “il disegno della forchetta”? O meglio ancora, senza la scelta culturale di tagliare e inforcare il cibo a tavola per portarlo alla bocca, piuttosto che usare le mani o due bastoncini e più in generale senza il disegno della tavola apparecchiata e la codificazione della maniera o delle maniere di stare a tavola? D'altronde nessun progettista ha inventato la tavola apparecchiata, nessuno ha inventato la sedia, come nessun architetto ha inventato la casa o l’ufficio” (Mario Bellini).

Ogni cultura ha sviluppato una propria modalità di consumo, in base alla propria storia, all'area geografica di appartenenza e quindi al clima, al tipo di cibo presente in quell'area, attraverso l'uso di strumenti, oggetti e arredi la cui esistenza è assicurata da un progetto d'uso. Nei paesi industrializzati, si può dire che ci sia un certo grado di standardizzazione riguardo ciò, anche in seguito alla possibilità di reperire facilmente qualsiasi cibo, ma forti differenze esistono ancora tra mondo occidentale ed orientale.

Il consumo del cibo sia pubblico che privato, nella cultura orientale, ha una forte connotazione rituale e simbolica, molto diversa da quella occidentale, e che si ritrova sia in ambito privato (basti pensare ad esempio al complesso cerimoniale del thè) che in quello pubblico. Gli ambienti dei ristoranti ad esempio, risultano significativamente diversi da quelli occidentali, sia per la distribuzione spaziale che per gli oggetti che vi si trovano. Così in un ristorante tradizionale giapponese ci sarà un’area per il deposito della calzature, un’area per gli spettacoli e non mancherà il giardino interno. Delle stuoie (i tatami) saranno posizionate all’interno della sala da pranzo secondo uno schema geometrico preciso e i tavoli, alti non più di 40 cm, saranno apparecchiati con una serie di strumenti altamente specializzati come bacchette, piccole zuppiere, ciotole. Il ristorante occidentale vedrà nella grande sala ritmata dalla presenza dei tavoli apparecchiati, il luogo della manifestazione sociale. I locali di servizio e la cucina saranno ben separati da essa affinché gli odori non arrivino ai commensali, mentre l’ingresso prevederà un bar e un guardaroba. Tralasciando le differenze culturali tra oriente e occidente, già da questo esempio, si evince lo stretto rapporto tra cultura e progetto, argomento affatto nuovo nel campo dell’architettura come in tutti quelli dell’arte, ma che qui diventa altamente condizionante.
Inoltre non è sufficiente capire la funzione di un oggetto per usarlo correttamente. Questo perché la tavola apparecchiata consta di un sistema di relazioni che lega i coperti alla forma e alla dimensione del tavolo, la composizione di ogni coperto e il tipo e la sequenza di portate, la ricchezza dei materiali al livello sociale dell’uomo, gli oggetti al loro uso “appropriato”, secondo il codice delle buone maniere.

Nei ristoranti questo aspetto si amplifica ancor più. In essi ritroviamo il progetto di oggetti, arredi, spazi, che concorrono a definire un vero e proprio rito, classificabile secondo dei segni e delle relazioni precise. Nel progetto intervengono quindi relazioni che coinvolgono gli elementi dell’ambiente costruito, siano esse estetiche, materiali, comportamentali, sociali. Tutti abbiamo visto “Pretty Woman” e ricorderemo la scena in cui Julia Roberts (nei panni della protagonista, una prostituta) non riesce ad usare in modo giusto gli strumenti della tavola perfettamente apparecchiata di un ristorante di lusso, e le schizza via una lumaca nel bel mezzo di un pranzo d'affari!
Questo film mi da lo spunto per un'ultima riflessione: il consumo di cibo in pubblico, ha una forte connotazione di riconoscimento sociale; alla necessità di alimentarsi si sovrappone spesso il piacere di mostrarsi, nel caso di ristoranti di lusso, ribadendo l' appartenenza ad un certo gruppo sociale.

Nel rapporto tra il cibo e il suo consumo, la funzione simbolica del primo si moltiplica e si rafforza attraverso i rituali collettivi di consumo. Questi, attraverso la loro ripetitività e il loro impatto sul senso di appartenenza, fondono in un’unica rappresentazione il cibo ed i comportamenti ad esso legati in un potente legame di autoriconoscimento e di fusione sociale.

domenica 31 luglio 2011

PROGETTARE GLI SPAZI DEL MANGIARE


Artec si occupa di progettazione e interior design di locali commerciali specializzati nel settore alimentare, e principalmente bar, gelaterie, pasticcerie, ristoranti.
In quanto luoghi di consumo del cibo, la loro progettazione non può occuparsi solo degli aspetti qualitativi e quantitativi dello spazio fisico, ma è per forza parte di un progetto più ampio, che spesso esula dalla logica disciplinare, e che è legato principalmente al valore simbolico, sociale, culturale attribuito, seppur inconsciamente, al cibo.
Quanto detto implica la necessità di effettuare studi incrociati che rendono complessa la progettazione. Possiamo anzi dire che esiste una complessa cultura del mangiare, che coinvolge molteplici aspetti, e che si tramanda attraverso un sistema di norme ed eccezioni, che non si configurano solo come progetto d’uso dell’ambiente fisico, ma partecipano attivamente alla sua formazione.
Certo un tema così specifico come quello della progettazione degli "spazi del mangiare", così legato all'ambito culturale in cui si inserisce, non può prescindere da alcune considerazioni generali sulle trasformazioni della società che è fruitrice di quegli stessi spazi. Innanzitutto abbiamo assistito negli anni passati ad un processo di globalizzazione che ha coinvolto molti settori tra cui anche quello alimentare, con conseguente omogeneizzazione o azzeramento delle caratteristiche specifiche di paesi e culture, in nome di una fusione di razze e costumi pronta ad allargare il nostro universo oltre i confini territoriali; ciò nel campo dell’alimentazione ha provocato una spaccatura tra cibo e territorio, tra il momento della produzione di uno specifico prodotto e il momento del suo consumo.

A questa fase di fusione e omologazione, si è poi affiancata una seconda fase, dialettica rispetto alla prima, in cui il particolare è tornato ad emergere sul generale, il locale sul globale.  Essa ha teso a ridare un “senso” al cibo, attraverso la conoscenza dei processi di produzione, la provenienza territoriale e la loro collocazione storico-culturale, ma anche attraverso una rieducazione al “gusto”, un concetto questo, assai ampio ed applicabile ai settori più svariati della cultura, ma che dal cibo trae gran parte del suo significato simbolico e primordiale.

Ma alla sempre maggiore ricerca sui cibi, sul loro rapporto con il territorio e sulla loro storia, non c’è ancora un adeguato studio degli spazi in cui essi vengono consumati, o meglio non c'è la diffusione di una cultura pluridisciplinare che riesca ad interpretare e tradurre in spazio fisico i diversi ambiti antropologico, sociale, psicologico, culturale.

Lo scopo delle nostre pubblicazioni è quello di divulgare la conoscenza acquisita, dialogare con colleghi architetti e interior designers, ma anche con appassionati di arredamento, e mettere a disposizione di tutti il nostro lavoro di ricerca. "Arrediamo con gusto" vuol essere in questo senso una finestra verso questa visione inter e pluri disciplinare, il tentativo di colmare una lacuna spesso presente nella progettazione di questi spazi.

Montesquieu, SAGGIO SUL GUSTO, 1755

«La definizione più generale del gusto, senza considerare se sia buono o cattivo, giusto o no, è ciò che ci avvince ad una cosa mediante il sentimento; questo non significa che non possa applicarsi alle cose intellettuali, la cui conoscenza procura tanto piacere all'animo da costituire la sola felicità che certi filosofi possano comprendere. L'animo conosce con le idee e con i sentimenti; e si procura piaceri con quelle idee e questi sentimenti: infatti, sebbene opponiamo l'idea al sentimento, quando esso vede una cosa, la sente; e non esistono cose così intellettuali che esso non veda o non creda di vedere, e che di conseguenza non senta.».

Montesquieu, SAGGIO SUL GUSTO, 1755.